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Traversata in oceano Atlantico da Martinica a Faial

by Vela Pratica

Traversata oceano Atlantico (2)L’Atlantico?! Pieno d’acqua (per circa 6000 km) senza nemmeno un autogrill

È una cosa particolare, diversa. Attraversarlo a vela è un’esperienza molto particolare, unica e al contempo faticosa. Alla fine, però, quando l’isola appare di prua, verdissima di vegetazione, un po’ nera di rocce vulcaniche, brillante come uno smeraldo screziato adagiato in un mare blu cupo, provi una grande, malinconica soddisfazione

Martinique 27/03/2010 – Stai arrivando. L’isola è lì dove dovrebbe essere, l’hai vista sul GPS per tantissimi giorni, osservando solo acqua, tanta acqua, con la speranza di scorgerla all’orizzonte, prima o poi. Pensi che anche questa grande avventura/sfida è compiuta. Allora perché questo fondo di malinconia? Forse perché senti che si chiude un periodo di vita delimitato fra due isole, quella di partenza, Martinica, e quella di arrivo, Faial, fatto di un oceano di acqua, e di tanta fatica?! Mah! saranno pensieri strani che girano nella testa…

Alla partenza della traversata era diverso, lì erano pensieri “veri”, fatti di cose reali. Per l’acqua da bere, calcolata nella quantità di una bottiglia al giorno a testa e per lavarsi, e per quella dei serbatoi nella misura di un litro e mezzo al giorno a testa (quantità massima; e se un giorno se ne consuma di meno per il giorno successivo non si ha diritto al bonus).
Devo dire che ho rivalutato e considerato indispensabile il cioccolato che dà energia, durante i turni al timone nelle fredde serate oceaniche, ma anche quando cucinare è impossibile, perché ci si trova dentro un guscio in mezzo al mare sempre inclinato di almeno… 25°/40°, che per qualche giorno è una bella esperienza, poi vi assicuro che diventa snervante.
Poi arrivano le solite raccomandazioni ed aspettative: sperare che il vento giri un po’ verso Est. Ma poi, con un Nord-Est sui 25 nodi, direzione non proprio ideale, si parte ugualmente con un senso di sollievo: finalmente in mare, lontani da terra e da tutti i preparativi.
La partenza è stata ritardata da una sartia che aveva più di un trefolo spezzato. Ho chiesto vivamente la sostituzione al cantiere dicendo: “anche se voi dite che reggerà lo stesso, in mezzo all’Atlantico ci sarò io, non voi… e disalberare sarebbe un grosso inconveniente”.

E POI SOLO OCEANO…
Onde, vento un po’ contrario che galoppa sulle onde, albe e tramonti, acqua che scorre lungo le fiancate, onde alte che speri che ti passino, o meglio, che riescano a passare sotto la chiglia. Equilibrio precario, costante sensazione di umido (anche sui vestiti puliti ed in particolare nelle lenzuola), pasti leggeri e sempre in “allerta”, sonno consumato in brande strette, a 10 centimetri dal tetto dove la sera, dall’oblò, si vede il plancton colorarsi di un incantevole blu fosforescente al passare della barca. E, ancora, la luna che illumina a giorno quella immensa distesa di acqua.
Navigare in oceano è anche sentire il suo respiro che in condizioni di “calma” alza comunque onde di almeno 2/3 metri. Oceano significa pure fatica – fisica e mentale – che si accumula con il passare dei giorni e lo scorrere delle miglia; concentrazione massima al timone, perché l’Atlantico non perdona nulla, nemmeno la più piccola disattenzione o errore di valutazione. Ti “entra” in barca o, assieme al vento, ti accentua l’inclinazione della barca fino 70°/80°. L’Atlantico è anche balene che innalzano uno sfiato di 2/3 metri, venti che superano gli 80 km/h (40-45 nodi), con onde che, già alte, aumentano a loro volta fino a raggiungere gli 8/10 metri (mare forza 7/8). Ma oceano vuol dire anche barba che lasci crescere perché protegge un po’ dalla salsedine e dal sole e che lasci crescere anche perché hai difficoltà a tagliarla data l’inclinazione ed il continuo movimento. Significa, inoltre, un tuffo in pieno oceano per sistemare il log posizionato sotto la chiglia, con il leggero tremolio che ti accompagna durante tutta l’operazione perché  ti trovi sopra e 6000 metri di acqua e non sai cosa potrà uscire dal basso; caravelle portoghesi (celenterato comune nei mari tropicali, che fluttua in superficie facendosi sospingere dal vento) e sargassi (alghe brune, di grandi dimensioni, dotate di vescicole piene d’aria che garantiscono il galleggiamento); onde che fanno scomparire, alla vista, navi ed isole (quando sono presenti); pesci volanti, che ti ritrovi in barca e che sbattono contro le vele; navigare con il sestante perché  dato il temporale, la strumentazione di bordo non funziona correttamente; lavarsi con 1,5 litri di acqua al giorno, che per non sprecarla la si imbottiglia e si pratica un foro sul tappo per limitare e regolarne al massimo il consumo.
E, ancora, Oceano significa improvvisi cambiamenti climatici, 3/4 orologi con orari differenti in base alle diverse esigenze, stare al timone con 15/20 centimetri di acqua nel pozzetto e navigare facendo lo slalom tra zone di alta e bassa pressione; sentire il canto delle balene, vedere la barca inclinarsi a tal punto da credere di finire in acqua; onde che al contatto con la chiglia ruggiscono come fossero palle di cannone; sensazione prolungata di vuoto, come quando si cade da un palazzo, al passare delle onde sotto la prua; navigare a 10/11 nodi nonostante le tre mani di terzaroli; vedere le procellarie, pescare e volare per centinaia di miglia; vedere l’acqua dell’oceano passare da 30° a 7°/8°; avere la consapevolezza che l’aliseo sarà sempre presente, come un fedele compagno di viaggio; partire senza sapere la rotta da seguire, perché è il vento che comanda; avanzare giorno dopo giorno di pochi centimetri sulla carta nautica; sperare che la cerata non “faccia acqua”; rimanere aggrappati al timone, durante il proprio turno, per evitare di finire in acqua e capire, al termine di tutto, che la navigazione, quella vera, è un’altra cosa rispetto a quella fatta sino a quel momento. Questa è la traversata! Una navigazione continua, costante e logorante fino a quando la linea continua dell’orizzonte davanti alla prua viene interrotta da un verde smeraldo screziato di nero di nome Faial.

Francesco Lopatriello

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